Ha 82 anni e da oltre cinquant’anni distribuisce le distinte ufficiali nella Tribuna Stampa dello stadio “Erasmo Iacovone” passando prima dallo speaker Ciccio Piepoli e subito dopo dai giornalisti: lui è Enrico La Gioia, un’autentica istituzione del mondo Taranto. Il suo amore per i colori rossoblù ha origini lontane: «Da bambino andavo allo stadio assieme a mio zio, Adolfo Langella, visto che mio padre allora lavorava come Ufficiale di Marina. Lui, inoltre, svolgeva il ruolo di Direttore Sportivo del Centro Sportivo dell’Arsenale di Taranto. Quindi con mio zio andavo a vedere tutte le partite al “Valentino Mazzola”. Ho iniziato a seguire il Taranto sin dagli anni ’50: erano i tempi del presidente dottor Luigi Santilio e del segretario Carone. In quel periodo ho avuto modo di conoscere il cavalier Angelo Piscopiello, persona nobile, un vero e proprio organizzatore dello stadio: un factotum che smistava gli spettatori da un settore all’altro. Io ho iniziato grazie a lui. Ero sempre in Tribuna Stampa per consegnare le distinte ufficiali sia ai giornalisti locali che ai giornalisti ospiti, come faccio tuttora da oltre 50 anni. Ho consegnato le formazioni a personaggi importanti come i vari dirigenti di Inter e Milan, procuratori e osservatori di squadre di Serie A».
Girandola di emozioni... «Nel seguire il Taranto provo entusiasmo, amore e passione. Per le partite ho anche pianto. Non ho mai preso una lira e mi sento orgoglioso di ciò, ho agito con la passione e l’attaccamento che nutro per i colori rossoblù. Un doveroso ringraziamento è rivolto al cavalier Piscopiello che mi ha guidato sin da giovanotto».
Il passaggio dal “Mazzola” allo stadio “Salinella”, poi denominato “Erasmo Iacovone”? «Il nuovo stadio fu accolto con entusiasmo dalla gente tarantina, perché si passava da una struttura obsoleta a una completamente nuova. Fu realizzato in tre mesi durante la presidenza di Michele Di Maggio».
Lei ha visto giocare Erasmo Iacovone... «Esatto, era un giocatore spettacolare, molto bravo soprattutto sulle palle alte: era un vero campione. Caratterialmente era una persona “a modo”, abbastanza tranquilla. Ricordo bene che lo prendemmo dal Mantova. I suoi gol erano troppo belli, specie quelli realizzati con i colpi di testa. La sua morte arrivò nel pieno della sua maturità: è stata una giornata triste per tutta Taranto, una giornata memorabile, una bara di vetro e un fiume di gente che accorreva nella Chiesa San Roberto Bellarmino in Corso Italia. Tutta Taranto inginocchiata e ricordo che in quel giorno non andammo nemmeno a lavorare. Gli volevamo tutti bene. Tutti, indistintamente, hanno voluto successivamente intitolargli il precedente stadio “Salinella”».
Un tuffo nel passato, la sua “Top 11” preferita: «Una squadra schierata con il modulo 4-3-3: tra i pali Cosimo Malacari; difesa a quattro con il terzino destro Angelo Canavesi, i due centrali Enrico Casini e Giorgio Nardello soprannominato “tavolone” perché era uno spilungone, e a sinistra il terzino Adriano Capra; a centrocampo Giovanni Sgarbossa, Ivan Romanzini e Graziano Gori; in attacco un bel tridente con Erasmo Iacovone, Vito Chimenti e Bruno Beretti. Nonostante questi impazzivo anche per gli attaccanti Mario Tortul e Salvatore Bertuccelli, il libero Giovanni Manzella e il mediano Piero Castignani che collezionò oltre cento presenze con la maglia rossoblù».
La partita più bella che ricorda? «Su tutte Taranto-Milan 3-0 (Serie B 1980/81, 7 dicembre 1980, ndr), partita di Serie B. In quella domenica andarono a segno Bortolo Mutti, con una doppietta, e Nicola Cassano. Una gara indimenticabile».
Il Taranto di oggi? «Mi auguro di rivedere ben presto lo “Iacovone” gremito. Spero che nel giro di qualche anno il Taranto possa ritornare in Serie B, perché merita ben altri palcoscenici e quindi dei livelli superiori. Mi piace questo Taranto, vedo una squadra compatta e brillante perché ognuno segue a dovere i dettami dell’allenatore, mister Panarelli, che è riuscito ad amalgamarla nel modo giusto. Le riserve non esistono perché a mio avviso si trovano tutti sullo stesso livello, amano la propria maglia con tutto il cuore e sudano le proverbiali sette camicie. Ho fiducia in questa squadra che lotterà fino alla fine del campionato. La rosa del Taranto è altamente competitiva. Potrei descrivere questa squadra con un motto: tutti per uno e uno per tutti. Abbiamo una società che ha cercato sempre di migliorarsi, poi il presidente Giove è un serio professionista e una persona squisita con uno smisurato attaccamento alla maglia. Lo avevo conosciuto nei primi anni 2000 e allora mi diede una grande impressione. Il Direttore Generale Avv. Montella crede molto nel Taranto: lo considero un padre di famiglia, un paciere che mette ordine e giudica le persone positivamente. Ci sono tutte le componenti per fare bene».
A cura di Eligio Galeone