di Pierluigi Alfieri (esponente Fondazione Taras) Quel 9 giugno del 2002 avrei dovuto esserci anch’io allo Iacovone, ma ero a Modena, dove vivo tuttora, prossimo a sostenere gli esami del quinto anno di medicina. La botta fu tremenda anche a 800 km di distanza. Le testimonianze di chi c’era e le immagini di repertorio raccontano di una partita-farsa, mai realmente giocata. I pochi attori che si opposero invano allo scempio hanno un posto speciale nel mio cuore, così come ce l’hanno i molti tifosi (diverse migliaia) che da quel giorno non hanno mai più messo piede al campo. Le sequele di quella ferita mai pienamente richiusa hanno richiesto anche per me una lunga convalescenza. Nei dieci anni successivi avrò visto 5-6 partite, non di più, e spesso non andavo oltre la pagina 215 o 218 del Televideo. C’è voluto l’anno di (dis)grazia 2011/2012 per riconciliarmi appieno con la mia passione sopita, contraendo la proverbiale “malattia che non va più via”. La decimazione dello zoccolo duro dei tifosi rossoblu, iniziata con la radiazione del 1993, ha conosciuto la sua tappa più dolorosa proprio in quel Taranto-Catania di 14 anni fa. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta sia per noi che per loro. Se però gli etnei si sono goduti diverse stagioni nella massima serie, non senza pagine controverse, noi, dopo il 2001/2002, abbiamo continuato a sopravvivere di illusioni e delusioni, di voli pindarici e di tracolli, di fuochi di paglia e di beffe atroci, che hanno ulteriormente ridimensionato lo zoccolo duro degli aficionados. Eppure stasera lo stadio sarà pieno, al netto delle limitazioni di agibilità. Il ritorno in Lega Pro, prodotto dagli sforzi del duo Zelatore/Bongiovanni e di una società sana partecipata anche da noi tifosi, ha trasmesso un entusiasmo sincero e genuino in grado di riportare sui gradoni anche chi si era allontanato, sebbene la prospettiva di questa stagione sia quella di una salvezza da conquistare col sudore della fronte e da afferrare con le unghie e con i denti, e non certo quella di riprenderci subito ciò che 14 anni fa sfumò amaramente. Ecco perché quando sono usciti i calendari del girone C, centinaia di fuorisede si sono organizzati, chiedendo ferie e prenotando voli e biglietti, per assistere a questo Taranto-Catania, reputato imperdibile al pari di un Taranto-Lecce, che manca dal ’93, o di un Taranto-Foggia, un altro derby molto sentito alle nostre latitudini. Questa tappa, anche per chi vedrà la partita dal divano di casa, fa parte di un percorso catartico che quest’anno assume i contorni di una cura intensiva. La posta in gioco non è esattamente la stessa di allora ma il calcio – si sa – è fatto di piccole soddisfazioni e di piccole rivincite. E di grandi emozioni, che qualche volta possono cambiare anche il risultato del campo. Ecco perché oggi ci sono. Ecco perché metto per iscritto questi pensieri mentre il pullman partito dall’Emilia, in una domenica mattina di inizio autunno, approda nella Città più bella del mondo. Vamos, Taranto!   “Grazie, grazie di cuore! Hai tradotto in parole il pathos di tutti noi!” Elisabetta Zelatore e Tonio Bongiovanni

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